Sei spaventoso.
Non hai occhi per guardarmi né bocca per parlare.
Eppure, sento che mi fissi. Quel bianco vuoto che vorrei sporcare, ma non ho il coraggio. Non l’ho più, perché non mi sento all’altezza. O forse perché non ci siamo guardati per troppo tempo. Non volevo affrontarti.
Ora ci provo, penso a cosa voglio dire. Ma nella mia testa c’è solo un motivetto di una nuova canzone che ho provato a cantare appena sveglia, con i capelli incasinati e gli occhi ancora pestati. Penso ai video di meal prep che guardo all’ora di pranzo. A comprare un frullatore. A cosa farò oggi, domani e il giorno dopo.
Poi ci sono la circolarità, le leve di persuasione, le landing page e i corsivi usati male. Sono i miei studi, le cose che sto imparando in questi mesi. C’è la rabbia per quest’anno schifoso. Cerco di spegnerla. È difficile.
Penso che si possa creare una storia dalle cose più banali. Tanti lo fanno. Ci vuole coraggio per farlo però. L’ho già detto all’inizio. Ma potrei nascondermi dietro la circolarità. Sì, ho ripetuto coraggio con uno scopo, perché così rimane impresso. Metto un’informazione in alto, poi la riporto in basso, è tutto studiato.
Ma non è vero.
Vediamo cosa esce fuori? Proviamo.
Mi sveglio con una fitta alla tempia, il mio corpo è un rottame. Ieri ho esagerato in palestra. Mi alzo dal letto e vado a fare colazione. Tolgo due pancake dal freezer e li butto in microonde. Fisso il piccolo schermo e i secondi che passano, poi prendo i pancake e li metto su un piatto, versandoci sopra un po’ di marmellata. Senza zuccheri, ci mancherebbe. Appena finisco apro la finestra. L’aria è più fredda del solito. Adesso è novembre davvero. Trascorro l’ora successiva sul divano. Leggo le notizie, scrollo i post sui social. Riascolto una canzone uscita la notte prima. Provo a cantarla, memorizzo il testo, poi chiudo Spotify e accendo il pc. Ho una bozza di un’esercitazione da consegnare. La sistemo e la mando alla docente.
Poi penso a lui. Quello che è sempre stato il mio migliore amico ma che ho deciso di ignorare per mesi. Volevo continuare a farlo, ma sono un po’ tentata. Fisso l’icona per qualche secondo, poi ci clicco sopra.
Eccolo. Il foglio bianco spaventoso, senza occhi né bocca. Sento che mi giudica. O forse non ci siamo guardati per troppo tempo.