amore – Sara Tamponi
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In fondo alla vaccheria, tra le strade senza cemento

C’era il profumo dei fiori, i colori della frutta, le radici scoperte dalla terra.

C’era una casa vicino al mare in cui vivevano due vecchietti che non si fermavano mai.

Quando la ragazza andava a trovarli, la nonna era sempre ai fornelli mentre il nonno zappava la terra. Non volevano e non potevano fermarsi.

<<Non portatemi mai via di qui>> diceva lui <<ne morirei>>.

Le parlavano di un mondo in cui i palazzi non esistevano e le persone la sera chiacchieravano, seduti fuori dalle porte delle loro case.

C’era un posto vicino alla casa del nonno che chiamavano vaccheria. Lì andava sempre a prendere il latte in un contenitore di metallo, e quando lo cuoceva faceva una schiuma alta. Era latte grasso e pieno di panna.

Il nonno amava tanto la nonna. Diceva di essere la sua ancora, e lei aveva sempre un fare un po’ scorbutico. Quando lui però la guardava il suo viso si addolciva. Leggeva nei suoi occhi amore, venerazione e anche un po’ di ironia.

I nonni scherzavano e si punzecchiavano sempre, e quando i nipoti andavano a trovarli li vedevano sparire in mezzo all’orto all’improvviso, alla ricerca delle zucchine più grosse e delle pesche più mature.

Gioivano delle piccole cose. Bastava il sorriso della figlia ad accendergli l’animo e la memoria, sepolta da anni vissuti intensamente, di amore e senza tregua.

Quando poi la ragazza tornava a casa sentiva sempre un po’ di malinconia, perché il suo non era un mondo in cui ci si poteva accontentare di poco. Era fatto di speranze affievolite, di competizione e fame di successo. Così si aggrappava al ricordo della vaccheria, delle strade senza cemento e del vociare la sera, fuori dalle case. Pensava all’amore dei nonni, al loro gioire per le chiacchiere e alla compagnia che gli riaccendeva l’animo, e le tornava il sorriso.

Il loro era un mondo felice.

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Racconti

27.03

<<Sai, quando sono triste, penso sempre a tre cose>>

<<Ah sì? E quali sono?>> le chiese. Sembrava distratto. Si schermava gli occhi dal sole mentre il suo sguardo era perso sul mare. 

<<Una è quella volta in cui stavamo andando alla casa al mare. Stavi guidando, e nel frattempo mi mandavi i bacini>>

Sorrise ma non la guardò. 

<<Un’altra è quella volta in cui ero andata sul sup e mi avevi comprato un cornetto>>

<<Perché proprio quella?>> si fece più attento. 

<<Perché non avevo pensato a nulla, per tutta la mattina. Nessun pensiero. Ero felice>> disse, mentre cercava di seguire il suo sguardo. Si strinse le gambe tra le braccia. 

<<E la terza?>>

<<La terza è la sera di Capodanno. Eravamo in macchina, a un certo punto mi hai preso le mani e mi hai guardata, dicendo che avremmo superato tutto>> disse, sorridendo al ricordo. 

<<E cosa c’è di tanto speciale?>>

<<Il tuo sguardo>>

<<E cosa aveva il mio sguardo?>>

<<Amore>>. 

Non disse più nulla, ma se lo aspettava. Non usavano mai quella parola, eppure la pensavano entrambi. Rimasero in silenzio a guardare il mare, come se in quella distesa d’acqua salata potesse esserci una risposta ai loro problemi. O forse lo guardavano e basta, cercando di non pensare. Ogni tanto ricordavano i momenti di solo un anno prima, in quella vecchia casa lontana dalla città. Nessuno, né la famiglia né gli amici, andava mai a trovarli. Dicevano che erano troppo isolati, che avrebbero dovuto cercare un posto più vicino, ma loro erano felici. Quella casa sembrava racchiudere tutti i loro desideri. Non erano di grosse pretese: un giardino, aria aperta e la vista sul mare. In realtà vedevano solo un quadratino di azzurro da lontano, ma se lo erano fatti bastare. 

Era passato così poco, eppure erano cambiate tante cose. Ora il mare era più lontano, e lo stesso poteva dirsi dei loro sogni. I doveri, il lavoro e la sopravvivenza, non sembrava esserci spazio per altro. Così, quando tutto diventava troppo pesante, prendevano la macchina e andavano a guardare il mare. Il lieve rumore delle onde sulla riva sembrava calmare le loro menti impazzite. Resettava tutto e li portava indietro a quella casa, la prima insieme, con le mura rosse e un gatto impaurito che non erano mai riusciti ad accarezzare. E, quando non bastava immaginarla, passavano lì di fronte, nel buio della notte, osservandola da lontano. 

<<Chissà se l’avranno affittata>> gli diceva. 

<<Nah, non credo. È chiusa da fuori>> 

<<Che teste di cazzo. Andiamo>>

Gli avevano rubato un sogno, forse la speranza. Ma la vita continuava, e le onde del mare non avrebbero potuto cancellare i loro pensieri per sempre.