vaccheria – Sara Tamponi
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In fondo alla vaccheria, tra le strade senza cemento

C’era il profumo dei fiori, i colori della frutta, le radici scoperte dalla terra.

C’era una casa vicino al mare in cui vivevano due vecchietti che non si fermavano mai.

Quando la ragazza andava a trovarli, la nonna era sempre ai fornelli mentre il nonno zappava la terra. Non volevano e non potevano fermarsi.

<<Non portatemi mai via di qui>> diceva lui <<ne morirei>>.

Le parlavano di un mondo in cui i palazzi non esistevano e le persone la sera chiacchieravano, seduti fuori dalle porte delle loro case.

C’era un posto vicino alla casa del nonno che chiamavano vaccheria. Lì andava sempre a prendere il latte in un contenitore di metallo, e quando lo cuoceva faceva una schiuma alta. Era latte grasso e pieno di panna.

Il nonno amava tanto la nonna. Diceva di essere la sua ancora, e lei aveva sempre un fare un po’ scorbutico. Quando lui però la guardava il suo viso si addolciva. Leggeva nei suoi occhi amore, venerazione e anche un po’ di ironia.

I nonni scherzavano e si punzecchiavano sempre, e quando i nipoti andavano a trovarli li vedevano sparire in mezzo all’orto all’improvviso, alla ricerca delle zucchine più grosse e delle pesche più mature.

Gioivano delle piccole cose. Bastava il sorriso della figlia ad accendergli l’animo e la memoria, sepolta da anni vissuti intensamente, di amore e senza tregua.

Quando poi la ragazza tornava a casa sentiva sempre un po’ di malinconia, perché il suo non era un mondo in cui ci si poteva accontentare di poco. Era fatto di speranze affievolite, di competizione e fame di successo. Così si aggrappava al ricordo della vaccheria, delle strade senza cemento e del vociare la sera, fuori dalle case. Pensava all’amore dei nonni, al loro gioire per le chiacchiere e alla compagnia che gli riaccendeva l’animo, e le tornava il sorriso.

Il loro era un mondo felice.