Mi sfioro il collo e lo sento. È ancora lì. Un piccolo puntino in rilievo sulla pelle.
Due settimane fa mi ha punto una vespa e non ho sentito nulla. O almeno, quasi. Il mio cervello era spento a uno punto tale da cancellare il dolore. C’era solo l’acqua di una piscina, un trampolino, belle persone. E poi verde, tanto verde, insieme a un profumo di pino che mi pizzicava le narici.
È stato bello, quel giorno. I problemi non esistevano. Non sentivo la mia testa rimbalzare impazzita come una pallina da ping pong. Non sentivo il mio stomaco lamentarsi. Sembrava una magia, qualcosa di surreale.
Dalle undici del mattino alle undici di notte non c’è stato dolore, frustrazione, paura. Confusione.
Alle 23.30, poi, è tornato.
Ahi, ho pensato, sfiorandomi il collo.
Era finito, ma io avrei voluto che quel sogno durasse per sempre.
Sette e ventitré, mi ha ricordato una vocina simpatica nella mia mente che avrei tanto voluto prendere a pugni.
Ho chiuso gli occhi.
Un giorno finirà.